LE ERBETTE DEL FORTE MEZZACAPO

Al Forte c’è un habitat particolare , per moltissimi anni l’ambiente è stato incontaminato e sono potuto crescere vari tipi di erbe, fiori e alberi da frutto, partendo dai semi lasciati dagli uccelli.

Tra una passeggiata e l’altra , il nostro “cuoco” Gigi D’Anna ha catalogato e descritto quanto visto e raccolto per la preparazione di tisane, per aromatizzare, e per condire le varie pietanze che poi portiamo a tavola.

Mangiare sano, sapere quello che stiamo mangiando, sono elementi che ritroviamo negli “ Incontri Sul Cibo “ da poco conclusi e che hanno suscitato interesse e grande affluenza di pubblico.

ARTEMISIA VULGARIS

L'Artemisia è parente del più noto Assenzio, ingrediente essenziale di un liquore celebre e leggermente tossico per il fegato. Le foglie sono fortemente incise ed hanno consistenza setosa, nella faccia inferiore rivestite di minuta peluria bianca. Strofinate tra le dita, emettono un odore acre. Ha proprietà digestive e moderatamente lassative. Viene utilizzata nella preparazione di liquori dal gusto amaro, ad esempio il vermouth. La pianta viene inoltre utilizzata nella medicina orientale per la preparazione della "moxa" (dal giapponese  moe kusa = erba che brucia) ottenuta dalla lanugine ricavata dalla triturazione della fibra e dalla sua accensione. E' documentato l'uso come infuso, come aroma per la birra e per torte casalinghe, nonché come verdura di condimento per cibi grassi. Viene appeso nelle stalle per attirare le mosche lontano dal bestiame.

ASPRAGGINE

Aspraggine è una pianta facilmente riconoscibile dalla presenza di setole, che nelle foglie più coriacee divengono simili a piccole spine, è diffusa  sia negli incolti che nei terreni coltivati. La nervatura centrale della foglia è spesso arrossata nella parte più vicina al fusto. Si raccoglie in autunno e in primavera, ma, a seconda del clima, anche in estate. Le foglie più tenere, dal sapore quasi dolce, sono ottime gregarie di altre erbe nella preparazione di minestre, passati, contorni. 

CAGLIO

Caglio zolfino è un'erba molto diffusa sui prati aridi come nelle boscaglie, si riconosce per gli steli prima aderenti al terreno poi eretti che crescono quasi a cespuglio, alti fino a 1 metro da terra, con le foglioline, lucide nella faccia superiore e vellutate in quella inferiore, disposte in numero di 8-10 a corona intorno allo stelo, che è non cilindrico ma a sezione quadrangolare. I fiori sono piccoli e gialli. Il nome si riferisce alla capacità di far cagliare il latte, in virtù delle sostanze acide che contiene. Usata un tempo per profumare di fieno i letti, o come colorante (appartiene alla stessa famiglia della Robbia, che colora di rosso), ha proprietà digestive, stimolanti della secrezione biliare e leggermente astringenti. In cucina si utilizzano i butti giovani, che si raccolgono facendo scorrere la presa lungo lo stelo e spezzandolo dove cede. Ha sapore molto intenso e gradevole. Si prepara stufato, nelle minestre o nelle frittate.

 

Alla stessa famiglia appartiene la varietà aparine, che si differenzia perchè dotata di peli uncinati che si attaccano facilmente ai tessuti. Si distingue per questo e perchè le foglioline sono più strette e lunghe. Commestibile, ma dal sapore amaro e di consistenza coriacea.

CICORIA

La cicoria, citata già in un papiro egiziano di 4000 anni fa è nota da sempre per le sue proprietà terapeutiche, disintossicante e protettiva del fegato e della cistifellea sooto forma di infusi e decotti, ma anche efficacemente antiinfiammatoria nell'uso esterno, sotto forma di impacco contro eczemi e foruncoli. Ha dato origine a numerose varietà commestibili ( i radicchi, l'indivia, la catalogna) e la sua radice è stata utilizzata come sostitutivo del caffè. Comunissima lungo le strade e sui prati, ha le foglie irregolarmente pennate con segmenti triangolari acuti, più spesso alternati. I fiori estivi sono di uno straordinario colore celeste, riuniti a gruppi nelle ascelle degli steli ramosi. Le foglie centrali si consumano nelle insalate, mentre molti sono gli usi a cui si presta da cotta, da sola o insieme ad altre erbe. Il sapore amaro, oggi ritenuto eccessivo, viene attenuato da una sbollentatura preventiva.

CONSOLIDA

La consolida è una pianta perenne con grosso rizoma (prolungamento sotterraneo del fusto) nero fuori e bianco dentro, fusto eretto, alto fino a 80 cm, cavo. Le foglie sono di forma ovale ellittica ad apice acuto o fortemente lanceolate, lunghe fino a 30 cm, che si dipartono dallo stelo in modo alternato, pelose e rugose, con la parte iniziale che si sviluppa aderendo al fusto. I fiori possono essere di colore rosa, viola, o giallo pallido e, di rado, bianco verdastro, e si sviluppano, a gruppi, alla fine di peduncoli. Si trova nei prati umidi e lungo gli argini. Si raccolgono le foglie, recidendole alla base. La raccolta avviene in primavera, prima che si sviluppi il fiore, e in autunno dopo la produzione di nuovi butti. Per secoli il rizoma ridotto in pasta è stato spalmato in corrispondenza di fratture ossee, perchè, una volta asciutto, si irrigidiva in una forma di primitiva ingessatura. Il nome scientifico deriva dal termine greco che significa "unisco", proprio perchè si riteneva che favorisse la saldatura delle fratture. Sconsigliato l'uso interno per il suo contenuto di alcaloidi tossici per il fegato. Le foglie invece si cucinano nelle minestre e come contorno, e si usano nei ripieni come la borragine, alla cui famiglia la Consolida appartiene.

COSTOLINA

La costolina è presente nei prati aridi a composizione calcarea, ed è diffusa in tutta la fascia centrale europea, fino ai 1500 m di altitudine, assente al sud e all'estremo nord.  Ha la radice ingrossata e legnosa, foglie disposte a rosetta ed esternamente aderenti al terreno, di colore verde opaco, a volte setolose e, nella varietà  maculata, con delle macchioline scure. Il margine delle foglie è inciso irregolarmente ed ha un profilo a lobi, con la nervatura centrale di colore rossiccio. I fiori sono di colore giallo limone e di aspetto simile a quelli del Tarassaco, con la parte inferiore esterna leggermente arrossata. Si raccoglie in primavera e in autunno, tagliando la radice a livello del terreno, in modo da permettere una nuova propagazione. Di sapore leggermente amaro, è una delle erbe spontanee che si riduce meno in cottura. Nell'uso popolare è consueto il consumo nel misto cotto, con altre verdure. In Siberia si consuma come insalata...

GRESPINO

Il grespino è comune in tutto il territorio, dagli orti alle fessure delle pavimentazioni stradali, dai prati ai ruderi agricoli ed ha caratteri morfologici molto variabili. Lo si trova in tutte le stagioni, ma va raccolto, intero, solo finché le foglie sono distese sul terreno e lo stelo non si è ancora sviluppato e staccato da terra. In questa fase infatti assume sapore sgradevole e consistenza viscida. Lo stelo è tubolare, cavo all’interno, le foglie sono di colore verde scuro con sfumature da azzurre a violetto, fortemente incise e ispide, a volte spinose, lucide nella faccia superiore. I fiori sono, in tutte le varietà, di colore giallo tenue. L’aspetto è proprio di una “erbaccia”, quasi aggressivo, ma in compenso il sapore è gradevole, dolce addirittura nelle piante più fresche. In cucina, le foglie più tenere sono ottime in insalate con altre erbe, mentre, lessato e condito con olio e sale, è un eccellente contorno. La misticanza lessa di tarassaco, grespino, malva e bieta offre uno squisito equilibrio di sapori e non ha nulla da invidiare a piatti più consueti nei menu. Plinio il Vecchio scriveva che favorisce la secrezione lattea, e verosimilmente si tratta di quella che viene chiamata "magia empatica", in quanto da tutte le parti della pianta, se incise, sgorga un latice bianco: convinzione condivisa dalla tradizione popolare... La mitologia riporta che Teseo prima di inoltrarsi nel labirinto per uccidere il Minotauro si cibò di un abbondante piatto di grespino...

LATTUGA SELVATICA

La lattuga selvatica è presente negli incolti, nelle vigne, ma anche lungo strade e sentieri, è comune in tutto il territorio. Prende il nome dal latino lac,che vuol dire latte, per via del latice bianco che fuoriesce in caso di rottura delle fibre, mentre il nome dell specie,  serriola, deriva dall'antico nome della cicoria. Ha radice a fittone, stelo eretto, biancastro, con isolate setole spinose, foglie di colore verde non brillante, a volte setolose sul bordo e sulla faccia inferiore della nervatura centrale, irregolarmente dentate al margine, meno vicino all'inserimento sullo stelo. I fiori sono di colore giallo molto pallido, raccolti quasi a pannocchia. Si raccoglie in primavera, prima che si sviluppi lo stelo centrale legnoso. Il sapore erbaceo da cruda, non a tutti gradito, ne ha diffuso il consumo da cotta nel misto. Ha proprietà analgesiche, sedative, leggermente lassative, e nell’antichità è stata usata come cataplasma per curare ematomi e irritazioni della pelle.

LUPPOLO

Il nome "luppolo" ricorda l'aggressività verso i fusti di altre piante vicine, simile a quella del lupo con la preda. E' infatti un rampicante che attorciglia su altre piante il fusto legnoso lungo anche diversi metri, che ha sei sottili strisce scure dalle quali partono piccoli peli ruvidi. Le foglie verde scuro hanno un picciolo più o meno lungo e forma palmata a cinque lobi con bordo seghettato. Cresce nelle boscaglie e nelle siepi, più spesso in luoghi umidi ed è comune nell’Italia settentrionale fino all’Abruzzo, spesso usato per ricoprire recinzioni. Era anticamente usato nella produzione della birra, a cui conferisce aroma e sapore amaro, mentre attualmente vengono utilizzate solo varietà  coltivate. La parte commestibile sono i germogli, simili ai turioni dell’asparago, con cui è erroneamente confuso, e le foglioline vicine, più tenere. Vengono spiccati fin dove la rottura è netta, senza resistenza. Si raccoglie in primavera, quando gli steli spuntano dal ceppo legnoso e cercano appigli, ma anche prima dell’autunno si sviluppano dei germogli teneri. Usato comunemente nelle minestre e nelle frittate, nel risotto, e anche come verdura, lessata e condita. Il liquido secreto dallo stelo rotto macchia i tessuti in modo pressoché indelebile. Coltivato in passato vicino ai conventi per le sue proprietà anafrodisiache e sedative, è anche tonico e digestivo.

ORTICA

Il nome dell'ortica deriva dal latino urere, che vuol dire bruciare. Diffusa dappertutto, negli incolti e presso le case, in mezzo alle colture e nei boschi, è una pianta perenne, che si sviluppa lateralmente quando si recide il fusto. Ha un rizoma che si sviluppa sulla superficie del terreno ed è ampiamente ramificato. Il fusto è eretto e a sezione quadrangolare. Le foglie si spiccano opposte sul fusto ed hanno un picciolo abbastanza lungo. Hanno forma lanceolata a cuore allungato, con bordo dentato, e nervature sottili e fitte. Sono coperte, sopra e sotto, da una fitta peluria ispida che alla base contiene acido formico irritante per la pelle. Ha fiori poco appariscenti, piccoli e verdastri. Ha proprietà, conosciute da tempo immemorabile, diuretiche ed emostatiche ed entra in molti preparati per i capelli e per la pelle. Nella storia della farmacopea è stata utilizzata come antianemico e per curare l'artrite, la gotta, la sciatica,le affezioni della pelle.

 

E' ricchissima di sali minerali, di fosforo, ferro, vitamina A, vitamina C, calcio e potassio e viene consigliata nell'alimentazione dei diabetici. Il macerato delle foglie è un ottimo rimedio naturale contro gli insetti nocivi delle piante orticole. Si consumano i germogli e le foglie più tenere, che hanno un ottimo sapore anche preparate da sole. Sconsigliabile il consumo dei semi.

PIANTAGGINE

Le piantaggini, che si dividono in minori e maggiori, appartengono alla flora spontanea dei prati e degli incolti e sembrano soltanto degli infestanti o tutt’al più erbe da foraggio. In realtà si tratta di una delle erbe più studiate per le proprietà terapeutiche. La varietà Major ha foglie con peduncolo, di forma ellittica, lunghe una volta e mezza la larghezza, opache, con nervature marcate e parallele,  stelo appena sollevato con lunga spiga portafiori. I fiorellini possono essere viola chiaro o giallo pallido. La Minor ha foglie lunghe e sottili, lisce, quasi senza picciolo, sempre con nervature parallele che percorrono tutta la foglia dal picciolo alla punta, stelo lungo, evidente, con spiga portafiori. I fiorellini sono di colore marrone  chiaro. A scopo alimentare sono le foglie tenere di quest’ultima ad essere usate in insalata o per cottura. Le foglie fresche di entrambe le varietà, contuse fino a farne uscire la linfa, applicate sulle punture d’insetti, ne riducono sensibilmente gli effetti fastidiosi. Contengono principi antinfiammatori e cicatrizzanti.

RADICCHIELLA

La radicchiella è una pianta a ciclo biennale. Si trova nei campi falciati e grassi di concime. Le foglie sono fortemente incise, con 5-6 segmenti per lato e nervatura centrale leggermente arrossata. I fiori gialli, anch'essi simili a quelli del Tarassaco, hanno petali leggermente flessi verso l'alto ( il T. ce li ha dritti). Si raccoglie solo in primavera, prima che si sviluppi il fusto, eretto e coperto di setole. Le foglie più tenere si possono consumare in insalata, le altre in tutte le preparazioni cotte, stufate, in frittata, nelle minestre. Ha proprietà disintossicanti e depurative, e, in ragione del contenuto di fenoli, anche antiossidanti.

ROSOLACCIO

Il rosolaccio è una pianta a ciclo annuale, che si trova su terreni di tutti i tipi,  erbosi o coltivati, soprattutto in quelli a cereali, grano o mais, anche dopo la falciatura. Nell’antica Roma, la dea Cerere (da cui il termine “cereale”) era rappresentata spesso con in mano un mazzo di papaveri, tanto naturale era ritenuta la sua presenza nei campi. Il colorante rosso ricavato dai petali veniva usato per tingere la lana e il formaggio olandese. Presente sino a quote collinari, si raccoglie per tutta la primavera e, nei terreni umidi, anche in estate. Il ritardo della fioritura ne permette la raccolta anche ad inizio autunno. E’ riconoscibilissima in stagione, per il colore scarlatto del fiore a quattro petali, ma in questa fase le foglie divengono fibrose. La pianta ha foglie disposte a rosetta, molto fitte, allungate, irregolarmente incise, morbide, ricoperte di una fine e fitta peluria setosa. Per la raccolta, si taglia il ciuffo rasente al terreno, ma si può anche sradicare senza timore, in quanto, ove presente, è invasiva come una malerba. Ha sapore caratteristico, più dolce di altre erbe spontanee, a cui è possibile associarla in cottura. Ottima nelle minestre, come contorno, o semplicemente lessata e condita con olio e sale. I semi sono largamente usati nelle cucine centroeuropee. Ha proprietà sedative ed espettoranti.

SALVIA DEI PRATI

La salvia dei prati è una pianta perenne, con fusto diritto e peloso e foglie consistenti disposte a rosetta, fortemente reticolate. I fiori caratteristici, di colore tra l'azzurro e il violetto ( occasionalmente anche rosa o bianchi), sono portati da un peduncolo che nasce dal fusto, e sono disposti a corone da 2 a 6. Noto fin dall'antichità come sbiancante dei denti e impiegato in cucina come aromatizzante, entrava come ingrediente in molti filtri magici! Gli Egizi la usavano per  imnbalsamare i morti, e nella storia si è creduto che curasse il morso dei serpenti, che facesse restare incinte le donne che ne bevessero l'infuso, che annullasse gli incantesimi. Ha aroma più  delicato rispetto alle varietà coltivate, ma gli stessi usi di cucina.

SILENE

La Silene si trova un po’ dappertutto, dalle spiagge fino a oltre i 2.800 metri di quota. Cambia leggermente la forma, la foglia è leggermente carnosa, più o meno arrotondata, oppure allungata e sottile, e il colore va dal verde- azzurro, al verde- grigio cenere. Ma sempre sono senza picciolo e, all’inserimento sullo stelo, sono evidenti dei nodi o rigonfiamenti regolari. I terreni più salini conferiscono un sapore leggermente più amaro e tannico (“lega” leggermente la bocca), mentre le varietà a foglia più grande e larga sono più dolci. La raccolta dei germogli, spiccati dalle sommità, continua dall’inizio della primavera  fino a che non si sente l’indurimento del bocciolo che si va formando. A questo punto la pianta comincia a diventare più fibrosa. E’ un’ infestante quindi la raccolta ne stimola la germinazione laterale. Quando fiorisce, il calice che si forma presenta un rigonfiamento nella parte inferiore, che rende la pianta facilmente riconoscibile (è detta anche Silene gonfiata). I fiori emanano un leggero profumo, ma solo di sera.

 

Non ne sono note virtù terapeutiche significative, ma è eccellente da mangiare, cruda nelle insalate , o cotta nei risotti e nelle frittate.

TAMARO

Il tamaro è una pianta con tralci maschili e femminili, che si avviluppano su qualunque sostegno. Gli steli sono lisci e lucidi, come pure le foglie di colore verde pisello carico, a forma di cuore. I fiori sono tra il verde e il giallo, a gruppi e su peduncoli ascellari. Produce delle bacche sferiche della grandezza di un pisello, prima verdi, alla fine rosso vivo. Contiene principi tossici in qualunque sua parte, anche se è diffuso il consumo dopo una breve sbollentatura, cucinato come i germogli del Luppolo. In ogni caso, da questo si distingue per essere liscio e lucido ( lo stelo del Luppolo ha piccolissime setole che lo rendono ruvido e aderente). Se ne raccolgono i germogli teneri. La farmacopea popolare ne ha fatto uso in tutta Europa come impacco per contusioni, geloni, distorsioni, reumatismi.

TARASSACO

Il tarassaco cresce spontaneo in pianura come in montagna, nei prati umidi, sul ciglio di fossati, nei luoghi incolti. Fiorisce da aprile a settembre, e ogni rosetta ha un solo fiore, inconfondibile, con un gran numero di petali giallo vivo. Le foglie sono dentate in misura più o meno accentuata, con incisioni che possono essere quasi inesistenti o profonde fino alla nervatura centrale. Nel caso del Tarassaco, è difficile identificare una morfologia precisa, dato che ci troviamo di fronte ad  un numero enorme di variazioni e incroci, che producono foglie di forma  a volte assai diversa. Si raccoglie dalla primavera ad autunno inoltrato. In autunno le foglie sono più tenere e meno amare. Si presta ad essere preparato cotto in vari modi, e le foglie centrali si possono consumare crude nell’insalata. Il sapore prevalentemente amaro si accoppia molto bene con il dolce del riso, o, nelle zuppe, con le altre verdure. I capolini dei fiori non ancora sbocciati si possono preparare e conservare come i capperi, e i petali per qualche secolo sono stati usati, tagliuzzati, come “zafferano dei poveri”. Ha proprietà toniche, digestive e depurative, espresse maggiormente dalla radice, e soprattutto diuretiche, da cui i nomi popolari, uguali in tutta Europa. Ancora frequente l’uso dell’infuso all’inizio della primavera e dell’autunno, per “aiutare” il fegato durante il cambio di stagione. In molte regioni del centro Europa era consueta , meno ai giorni nostri,, la marmellata di fiori. Alcuni studi hanno accertato che, più di altre erbe, risente dell’inquinamento ambientale, assorbendo il piombo tetraetile dei gas di scarico dei motori. Va quindi raccolto tassativamente lontano da strade di rilevante circolazione.