UN' ESPERIENZA PERSONALE D'IMPEGNO PER IL RECUPERO E IL RIUTILIZZO DEL CAMPO TRINCERATO DI MESTRE

Le fortificazioni del campo trincerato di Mestre sono spazi per la città.

Un’esperienza personale di impegno per il loro recupero e riutilizzo

 

Si dà per scontato oramai che a Mestre ci sono delle ex strutture militari, i forti del campo trincerato, alcune delle quali utilizzate da migliaia di persone nell’arco di un anno, e che il comune di Venezia ne abbia comperate alcune.  Si da per scontato e naturale questo utilizzo dimenticando che è il frutto di un processo di sensibilizzazione collettivo, amministrativo e politico, cominciato nei primi anni Ottanta e che ad essere precisi a tutt’oggi non si è ancora definito in tutte le sue componenti burocratiche.  Unica costante rimasta da trent’anni  a questa parte è l’interesse di una rete di aggregazioni, associazioni, tra cui storiAmestre, cittadini, studiosi, che non si sono mai stancati di impegnarsi per l’uso sociale di queste strutture, mentre cambiava la nostra città e l’Italia, cambiavano le forze politiche esistenti, le  amministrazioni comunali, gli assessori, i funzionari, le sensibilità urbanistiche e i progetti di cambiamento.  Le note che seguono sono frutto esclusivamente della memoria e dell’esperienza personale vissuta in questo contesto di impegno. Mi scuso in anticipo per interpretazioni che qualcuno potrà trovare viziate di troppo vissuto individuale e per gli scherzi che la memoria mi  farà in tema di date e di nomi, oppure di omissioni.

Un amico impegnato nel sfoltire il proprio archivio personale a causa di un trasloco aveva accantonato per me un opuscolo: Gli ex forti di Mestre. Tre oasi verdi, a cura di Democrazia Proletaria Federazione di Venezia, 1984.  Da qualche parte ce l’avevo nel mio archivio, ma l’ho sfogliato, e l’ingenuità e la pochezza dei contenuti che conteneva mi ha fatto tenerezza. C’era però già nero su bianco l’idea forte, l’intuizione, dell’uso pubblico di queste strutture.  Ho cominciato a pensare a quanta strada era stata percorsa e a come era cambiata la città su questa questione.

Devo ritornare con la memoria ai primi anni Ottanta. C’erano ancora i partiti della prima repubblica: la Democrazia Cristiana, il Partito Comunista, il Partito Socialista. Il Partito Repubblicano, il partito Socialdemocratico, il Partito Liberale. C’erano anche organizzazioni che si definivano della sinistra rivoluzionaria extraparlamentare e c’era un partito  Democrazia Proletaria proveniente da quest’area che aveva maturato la scelta di presentarsi alle elezioni. I Verdi erano ai primi vagiti, forti come ora d'altronde, a Marghera. A dirla tutta c’era ancora il terrorismo.  Insomma c’era un  mondo politico e associazionistico che raccontarlo ora non ci si crederebbe quanto fosse diverso dall’attuale. Era vivace, fatto di tanti volantini, manifesti per le strade, assemblee, incontri.

Io facevo parte della Commissione Territorio di Democrazia Proletaria in quanto consigliere eletto  nel quartiere di Zelarino.  Eravamo una pattuglia di giovani sui vent’anni  coordinati da Stefano Zennaro, alcuni anni di più, che era anche  funzionario di partito e impiegato nel Consiglio Regionale Veneto. L’unica cosa allora importante per DP era il lavoro nelle fabbriche e il rapporto con gli operai.  Si parlava e sognava di “democrazia operaia” e di questioni ad essa legate:  carovita, affitti, trasporti gratis, contratti, autoriduzioni delle bollette, ecc.  La scelta di presentarsi alle elezioni comunali e avere conquistato un seggio in comune di Venezia portò a pensare anche a un certo lavoro sul territorio.  Eravamo noi di DP della Commissione Territorio oltre che giovani anche parecchio inesperti. Eravamo lasciati un po’ a noi stessi ad inventarci cosa fare per dimostrare il malgoverno  democristiano e il tradimento di classe del PCI. Di forti e di campi trincerati non sapevamo neanche dell’esistenza. Come d’altronde tutti a Mestre.

Succede che nel gennaio del 1982  il parroco di Carpenedo, non si sa attraverso quali conoscenze, chiede e ottiene dai militari di utilizzare l’area esterna del forte  di via Vallon per adattarla a campo di calcio.  L’area era bellissima dal punto di vista ambientale. Un po’ per anticlericalismo, un po’ per fare fronte alle idee ambientaliste che stavano venendo avanti fortemente, anche grazie alla campagna antinucleare, i compagni di Carpenedo non ci pensano molto e inondano di esposti Il parroco e i suoi lavori.  Per dare contenuti a questa campagna si ciclostila un opuscolo dal titolo Borgo Forte, dove si parla di recupero ambientale del Bosco di Carpenedo, dell’area del forte, dei prati umidi, di salvaguardia delle ville di via Trezzo e dei loro parchi storici. In quel periodo veniamo a sapere che un forte simile esiste alla Gazzera, abbandonato dai militari dal 1981, e che è gestito da una azienda che coltiva funghi. I militari avevano cominciato la dismissione per ragioni economiche di queste strutture e di fronte a richieste di privati che avevano le “entrature giuste” erano stati dati in concessione. Ci arrivarono anche vaghe notizie che a Marghera di fronte alla Metro esisteva un altro forte. Quest’ultimo era però presidiato da un maresciallo che viveva nella casa posta all’ingresso. C’è ne siamo resi conto quando scoperti a fare fotografie tutta la commissione dovette fingersi composta da studenti di architettura in giro a curiosare.

Negli anni a seguire nascerà a partire da questo momento l’attenzione pubblica per i forti Carpenedo, Gazzera e Tron. In pratica articoli sui giornali, richiesta di acquisizione, esposti contro vandali, raccolta di firme si susseguiranno per trent’anni. Nascono soggetti  nuovi come il Comitato forte Gazzera, che chiederà per anni che l’azienda “Agricola funghi” se ne vada e la smetta di rovinare le strutture del forte. A Marghera un gruppo ambientalista “Erba alta” e la Lista Verde e altre associazioni terranno d’occhio il forte Tron, non riuscendo mai a concretizzare però un gruppo di persone stabile che se ne occupi. Il forte abbandonato e lasciato incustodito dai militari nel 1987 infatti sarà per un lungo periodo in mano ai vandali che rovineranno arredi, infissi e strutture.

Dal punto di vista amministrativo nella Proposta di Piano Programma 1982 1985, cioè nelle indicazioni di governo della giunta di sinistra, i tre forti non vengono neanche citati.  Saranno i consigli di quartier di Chirignago e Carpenedo nel 1983 a farlo chiedendo all’amministrazione comunale di adibire queste aree a parco pubblico. Per il consiglio di quartiere di Marghera invece il forte Tron ancora non era una priorità.  Degno di nota è che mancava ancora una concezione complessiva del sistema militare; né tantomeno c’era nozione della sua consistenza, ben oltre i tre singoli forti, e infine che ogni comitato si comportava in modo autonomo, senza alcun collegamento tra loro.        

Nacque l’idea a Stefano Zennaro di fare della questione forti un punto di forza della politica di DP in ambito comunale. Allo stato delle conoscenze nostre e della città esistevano tre forti lasciati liberi o quasi, ed erano austriaci; in più c’era forte Marghera utilizzato dai militari come sede del Comando 4° Direzione Artiglieria. Con materiali recuperati in Regione Veneto e cioè carte dell’Intendenza di Finanza che citavano le dimensioni dell’area dei forti, e praticamente insignificanti, la Commissione Territorio ciclostilò in una forma molto elegante per la qualità di allora l’opuscolo I forti di Mestre. Tre oasi nel verde. Si chiedeva al Comune di Venezia la loro acquisizione e un loro utilizzo sostanzialmente ambientale: rimboschimento, orto botanico, oasi verde per il tempo libero, ecc.

La cosa che ricordo importante, oltre al fatto che ne parlarono i giornali, fu che l’allora assessore all’Urbanistica, Edoardo Salzano, uno degli urbanisti più famosi in Italia, impegnato con Urbanistica Democratica a livello nazionale, chiese di parlare con noi dopo averci inviato una lettera personale di elogi. Stefano volle che andassi assolutamente con lui. Dovevo imparare a fare politica, mi disse. A Ca’ Farsetti Salzano ci accolse gentilmente, si congratulò con noi per l’intuizione che avevamo avuto, ci spronò a continuare facendoci presente per il futuro di considerare anche le fortificazioni lagunari fronte mare. Avevamo avuto la conferma autorevole che eravamo sulla strada giusta, anche se io non ho mai capito perché invece di spronare noi, assolutamente insignificanti politicamente, non avesse spronato il Pci, partito in cui militava, o  l’amministrazione che rappresentava.

Intanto la stampa locale sollecitata da DP, Lista Verde, cittadini, comitati, denuncie, ricerche degli studenti del Massari, esposti, portava settimanalmente la questione forti all’ordine del giorno. Sempre nel 1984 la stampa locale si interessa di Forte Marghera. L’architetto Foffano denunciava il degrado progressivo in cui versava l’area. Tra l’altro il futuro di forte Marghera, se sarà pubblico o privato, e il suo recupero dal degrado è questione che si dibatte ancora ai giorni nostri.  La pressione mediatica porterà la giunta di allora a mettere in bilancio nel piano investimenti 1982\1985 un miliardo e trecento milioni di spesa. Cifra che non sarà mai utilizzata. La politica amministrativa di questo periodo può essere riassunta da una dichiarazione dell’allora assessore al Verde Laroni, del PSI. Si noti il termine “Verde” e non “Ambiente”, termine che configura una coscienza ambientale ancora da venire. In sostanza invece che dei forti, difficili da acquisire, che costano, che non sanno come gestire Laroni afferma sulla stampa che come amministrazione hanno “preferito cominciare con la creazione di spazi verdi interni alla città: Piraghetto, Bissuola, San Giuliano. Alle aree esterne arriveremo in un secondo momento”, dice. Titolo dell’articolo de La Nuova Venezia: Col tempo si vedrà. Le idee dell’assessore al Verde Laroni.  

Chiarissima la posizione. Mestre doveva risollevarsi dalla graduatoria, non so quanto vera ma comunemente accettata allora, di Mestre città europea con il meno verde procapite per cittadino e la scelta fatta era per i parchi pubblici urbani. Noi della Commissione Territorio, peraltro coscienti della difficoltà di gestire aree così complesse, coinvolgendo alcune personalità indipendenti (mi viene in mente il giornalista Crovato)  fondiamo nel 1984 la Cooperativa Tra terra e acqua e chiediamo all’Intendenza di Finanza la concessione dei forte Gazzera, Carpenedo e Tron. Sarà un buco nell’acqua. Nessuna risposta e difficoltà di gestione porteranno alla sua chiusura dopo quattro anni.

Dal punto di vista del dibattito cittadino l’acquisizione pubblica dei forti si complica in quanto il rapporto con i militari e la città di Mestre coinvolge anche altre strutture in via di dismissione. Riassumendo allora si parlava dei forti Carpenedo, Gazzera  e Tron e di Forte Marghera, ma anche della caserma Piave all’inizio di via Miranese, dell’ex Distretto Militare in via Poerio, dell’ex Lavanderia in via Piave. Si apre una discussione tra amministrazione comunale, militari, forze politiche e sociali su cosa fare in queste strutture che dura ancora oggi e che riassumere o ricordare sarebbe impossibile. Chiunque pensasse di avere titolo per parlare immaginava questi contenitori utili ai suoi progetti della città di Mestre del futuro. Per la prima volta si parla anche di rimborso ai militari: case per i dipendenti dell’esercito in cambio delle strutture. Il pensiero che fossero già in pratica pubbliche e già pagate con i soldi dei cittadini e che bastasse il simbolico rimborso di un euro o di mille lire di allora per sancire il cambio di amministrazione non ha mai attecchito e trovato strade legali che si concretizzassero.

Nel 1985, oltre al consolidarsi di gruppi e associazioni impegnate per chiedere la salvaguardia  dei forti – Gruppo d’iniziativa forte Carpenedo, Comitato forte Gazzera, con DP impegnati per l’annosa battaglia contro l’Agricola funghi, e a Marghera per il forte Tron il Comitato per il Verde, Erba alta, Lista Verde – va segnalato che il Decreto Ministeriale, noto come Decreto Galasso dell’agosto del 1985  vincolava il Bosco di Carpenedo e il vicino forte, definito peraltro nel decreto come “edificato in epoca austriaca”. Nella realtà il degrado continuava in questo come negli altri forti abbandonati dai militari con tempi e modalità diverse.

Dal punto di vista del futuro urbanistico, esponenti universitari e soprattutto l’associazione Urbanistica Democratica maturano la proposta alla città che sostanzialmente cambiando contenitore, momento storico, interessi più o meno edificatori di chi la presenta, terminologia usata, sarà la stessa fino ai giorni nostri. Cioè quella di legare il futuro urbanistico della città di Mestre all’idea di una non meglio definita “integrazione” del centro urbano alla rete dei fiumi Marzenego, Dese, Tron e altri minori, al sistema di fortificazioni e alla gronda lagunare.

Nel 1987 Stefano Zennaro lancia l’idea di una pubblicazione su basi storiche solide e che contenga ben definite le proposte di acquisizione dei forti di Mestre. Tra l’altro non ne vedrà mai la realizzazione perché una malattia incurabile gli sarà fatale. Noi della Commissione Territorio, ma in pratica il sottoscritto, entriamo in contatto con Piero Brunello, docente all’Università Ca’ Foscari. Il gruppo di lavoro che ne nascerà e che si consoliderà negli anni in amicizia e nell’esperienza di storiAmestre,  comprenderà Gianni Facca, Nevio Anoè, Claudio Zanlorenzi e appunto Piero Brunello come coordinatore. La ricerca si concluderà con la stampa nel 1988 del libro I forti del campo trincerato di Mestre e introdurrà nel dibattito cittadino alcuni elementi che saranno determinanti. Prima di tutto che esiste un campo trincerato a Mestre, composto da dodici fortificazioni, articolato con altre strutture militari; che sono già nate queste fortificazioni praticamente inutili dal punto di vista militare e quindi votate già sul nascere ad avere un altro utilizzo, e perché no pubblico. Poi che i forti sono italianissimi, costruiti negli anni Ottanta dell’Ottocento, tranne forte Marghera che ha una storia più complessa, e che sono un segno sul territorio del nuovo regno Savoia nel Veneto. Infine si introdussero termini come appunto campo trincerato, fronte mare, fronte terra, forti di prima generazione – i tre sempre citati finora – e forti di seconda generazione – tutti gli altri. Sul piano dei contenuti il lavoro è risultato nel complesso buono dato che la ricerca è stata fatta senza finanziamenti. Sono stati sondati gli archivi degli ex comuni di Zelarino e di Chirignago e di quello di Mira, trovando un po’ di documentazione.  Sconosciuti  per ora sono gli archivi militari e il lavoro per quanto buono non poteva certamente dirsi esaustivo sull’argomento. Importante grazie a Piero Brunello poi lo sguardo complessivo del gruppo di ricerca che fin da allora lavorò con visione critica e mai clemente sul piano dei principi al fatto che si  parlava di edifici nati per la guerra, evitando il semplice ammaliamento da parte di beni storici e architettonici di innegabile bellezza. Negli anni  mi è stato chiesto molte volte come mai a un pacifista interessassero le fortificazioni militari. Grazie a questa visione critica non ho mai avuto difficoltà a rispondere. La copertina del libro, un Barone di Munchausen che sorvola piazza Ferretto a cavallo di una palla di cannone esprime benissimo questo spirito.

Importante fu che con questa pubblicazione, dal punto di vista politico amministrativo,  DP proponeva di ragionare in termini complessivi riguardo ai forti e non su ogni singolo episodio. Rimaneva di base il taglio del recupero ambientale a risarcimento di una città massacrata dall’urbanizzazione e per questo un capitolo a cura di Nevio Anoè era dedicato esclusivamente alla flora e fauna dei forti.

Per trovare i fondi per la stampa ci eravamo rivolti all’assessore all’urbanistica Perinato del PSI che ci indirizzò ad un suo funzionario, un certo Girotto, che scopro essere ancora dentro all’amministrazione comunale. Quest’ultimo dopo avere ascoltato il progetto con superficialità mi disse che la cosa non interessava a nessuno. I costi di  stampa allora li ho anticipati di persona. La vendita da parte degli amici, delle librerie, perfino di un negozio di alimentari, nonché un contributo di DP portarono alla copertura delle spese.

Con la fine della prima repubblica, la morte dei partiti tradizionali finì anche l’esperienza di DP e della Commissione Territorio. Nacquero altri soggetti politici tra cui Rifondazione che ereditò militanti da DP nel cui dna c’era l’impegno per il recupero dei forti.

A partire dalla fine anni Ottanta e primi anni Novanta non ho avuto esperienze dirette in questo ambito. Seguivo ovviamente l’evolversi della questione che può essere sintetizzato così. Da una parte ci sono stati logoranti battaglie contro i muri di gomma burocratici e amministrativi di associazioni, gruppi e cittadini che chiedevano di restituire alla città ciò che gli apparteneva sul piano storico e culturale, creando nei forti luoghi di aggregazione, spazi verdi, sede di attività culturali. Dall’altra, mentre il degrado aumentava, la burocrazia degli apparati ministeriali impaludava ogni richiesta di acquisizione pubblica dei forti. E questo nonostante praticamente ogni forza politica alle elezioni amministrative non dimenticasse di citare in campagna elettorale “il campo trincerato come elemento importante per la nuova Mestre del futuro”. Era una specie di tantra: tutti i partiti ossessivamente a ripetere: “i forti devono essere pubblici”, ma nessuno poi faceva un atto amministrativo coerente e concreto.

E’ con la prima giunta Cacciari che qualcosa di nuovo si profila nel campo amministrativo. Questa nuova fase si pone in essere grazie soprattutto al fatto che un gruppo di associazioni, abbandonando la politica della semplice rivendicazione, sia passato a una proposta coordinata di progetto e gestione diretta dei beni, in convenzione con l’amministrazione comunale. Il referente per il comune di Venezia diventava il “Coordinamento per il recupero del campo trincerato di Mestre”, che nasce nel marzo del 1996. Era composto dal Comitato forte Gazzera, attivo dal 1983, dal Gruppo d’iniziativa forte Carpenedo, costituitosi come associazione nel 1994, il Comitato Culturale Ricreativo Tessera che si occupava del forte Bazzera – in realtà è una polveriera – attivo nel paese come comitato festeggiamenti da decenni, e la Cooperativa sociale Città del sole, che si voleva strumento economico\operativo del Coordinamento. Successivamente si aggregherà il Comitato Forte Sirtori, costituitosi nel gennaio 1999. Obiettivo principale dichiarato diventava l’acquisizione ed un uso pubblico di tutto il campo trincerato, non tralasciando neanche i forti minori e con uno sguardo rivolto a tutto il sistema delle fortificazioni lagunari. Alcune persone si propongono come soggetti interlocutori in questo momento particolare: Mauro Scroccaro, primo presidente del Coordinamento, Andrea Grigoletto, vice-presidente e braccio operativo, Pietrangelo Pettenò consigliere comunale con delega ai forti, e Davide Giraldo, prima, e Graziano Fusati, poi, relativamente al forte Gazzera.

Il nuovo corso della politica amministrativa porta nel maggio del 1995 alla convenzione tra comune e il Gruppo d’iniziativa per la salvaguardia e l’utilizzo pubblico di forte Carpenedo (questo il nome completo). Le visite domenicali vedranno migliaia di persone entrare dentro al forte. Questo successo costituirà un importante  esempio per altri forti. La proprietà non era del Comune di Venezia, ma sempre del Ministero della difesa che, a causa dell’aggravarsi dei problemi di gestione e sorveglianza, aveva cominciato a dismetterli “provvisoriamente”. Questa dismissione “provvisoria”, tuttavia, non avveniva a favore del comune, ma di un altro ministero (delle finanze), che a sua volta li dava in uso al comune e questo li concedeva in convenzione alla singola associazione. Insomma la questione dell’acquisizione rimaneva ancora da affrontare nella pastoia dello scambio case e soldi in cambio non solo di fortificazioni, ma anche dell’ex Distretto Militare. Questo tra l’altro da alcuni anni è finito nella partita di giro del futuro  Museo di Mestre. L’ex Lavanderia di via Piave e la caserma Piave escono dagli interessi cittadini e troveranno  utilizzazione da parte di altre amministrazioni dello stato.

Il 22 luglio 1996 è, a suo modo, una data storica, perché ad essa risale la consegna del forte Bazzera al Comune di Venezia e l’avvio del contestuale processo di risanamento e bonifica ad opera del Comitato Culturale Ricreativo Tessera, a cui venne successivamente assegnata la struttura. A seguire il 28 luglio del 1998 anche i problemi di forte Gazzera si risolvono e il Comitato potrà entrare ufficialmente nella struttura. L’area esterna del forte Gazzera era già da anni utilizzata per gli orti degli anziani. La parte interna, chiusa al pubblico, era stata coinvolta dal fallimento della Agricola funghi in una complicatissima vicenda giudiziario-patrimoniale che solo l’abilità di Andrea Grigoletto ha consentito di risolvere, mettendo allo stesso tavolo tutti i soggetti interessati dalla questione (curatore fallimentare, Tribunale ordinario di Venezia, Ministero della difesa, Ministero delle finanze, Pubblico Registro Automobilistico, Soprintendenza, Comune di Venezia, Comitato forte Gazzera, ecc.).

Anche forte Marghera, abbandonato dai militari e sorvegliato dalla Cooperativa Città del sole dal giugno 1997 per conto del Comune di Venezia viene aperto alla visita dei cittadini di Mestre per la prima volta. In questi anni le semplici aperture domenicali coinvolgeranno migliaia di persone curiose di visitare questi luoghi. 

Lo stato dei forti e delle aree di pertinenza era deplorevole, alcuni erano sovrastati dai rovi, pieni di immondizia, cadenti e andavano messi in sicurezza per garantirne la visita. Non c’erano altri usi possibili dei forti allora. Il Coordinamento per il recupero del campo trincerato di Mestre organizzerà, forte del richiamo che ha il nome di Venezia in Europa, dall’estate 1996 all’estate 2003 campi di lavoro del Servizio Civile Internazionale. Verranno puliti forte Carpenedo, Gazzera, Bazzera, Tron, Sirtori, Poerio, ma anche i forti lagunari e del litorale quali forte S. Andrea, S. Nicolò, Caroman, S. Pietro in Volta, S. Felice, la Batteria Rocchetta, la Caserma G. Pepe, la Torre Massimiliana, il Ridotto S. Erasmo, le Batterie Vettor Pisani e Amalfi, ecc. L’iniziativa si rivelerà di così straordinario successo, sia per il lavoro concretamente svolto che per il coinvolgimento dell’opinione pubblica, che verrà anche copiata per alcuni forti veronesi e nella fortezza veneziana di S. Maura nell’isola greca di Lefkada.

In occasione della chiusura dei campi di lavoro (la prima domenica di agosto) vi era, inoltre, la “Giornata di apertura e visita delle Fortificazioni Veneziane” in cui i cittadini potevano “toccare con mano” il lavoro dei volontari e in cui venivano aperte anche strutture usualmente chiuse al pubblico. E’ del 1996 invece l’inaugurazione di un percorso ciclabile di sessanta chilometri, di cui è ancora visibile la tabellazione agli incroci delle strade, che unisce tutti i forti del campo trincerato, frutto del lavoro del Coordinamento, degli Amici della Bicicletta e del Comune di Venezia. E’ su quest’onda di partecipazione, di apertura finalmente di molti forti al pubblico, di una amministrazione comunale disposta ad investire risorse che il Coordinamento chiede a StoriAmestre di realizzare una pubblicazione più ricca di contenuti. Il gruppo di ricerca sarà composto da Piero Brunello, Gianni Facca, Fabio Brusò e coordinata dal sottoscritto. Il lavoro dura circa due anni e grazie all’accessibilità di alcuni forti, all’abbandono di altri, alla non sorveglianza di altri ancora, questi saranno finalmente dettagliatamente fotografati e descritti. L’accesso, dopo difficoltà burocratiche lunghissime, all’Archivio dell’Arma del Genio di Treviso e all’Archivio dell’Istituto Storico della Cultura dell’Arma del Genio di Roma, nonché il ritrovamento nell’archivio della Guerra di Vienna da parte di Gianni Facca di un preziosa guida fatta dai militari austriaci su come sconfiggere le fortificazioni mestrine e conquistare Venezia, anno 1900  (successivamente sarà oggetto di pubblicazione autonoma grazie al contributo del Consorzio Venezia Nuova e di Marsilio Editore), ci consentì di pubblicare nel 1997 il volume  I forti di Mestre. Storia di un campo trincerato.  Le spese di stampa e di ricerca furono a carico del Comune di Venezia.

Fu un successo di critica e pubblico che permise di dare alle associazioni uno strumento completo ed esaustivo per condurre le visite guidate e per ricavarne qualche introito. Io in particolare ho messo in evidenza i rapporti tra esercito e la città di Mestre, segnato profondamente dalle servitù militari, ma anche dalle commesse di vettovagliamento, dai trasporti, dalla prostituzione, dalla sanità, dalla gestione del territorio secondo logiche militari. Piero Brunello entrò nel merito della deterrenza impossibile e inutile dei campi trincerati in Europa. Gianni Facca raccontò  dettagliatamente le concezioni strategiche e le limitazioni di bilancio che portarono alla costruzione del campo trincerato di Mestre e descrisse analiticamente ogni singola fortificazione.  Fabio Brusò parlò di forte Marghera dando notizie storiche e  elementi per una visita del luogo secondo punti di vista diversi: acqua, ferrovia, strada.    

Mentre ogni associazione prendeva in carico il forte di pertinenza il Coordinamento lavorò ancora assieme a storiAmestre per concretizzare una proposta di Museo del campo trincerato a forte Marghera. La città allora si baloccava tra l’idea di un museo cittadino collocato in un unico contenitore e quella di un “museo diffuso”. Una casa colonica per raccontare il mondo contadino, una villa veneta per rappresentare la civiltà veneziana di terraferma, una fabbrica per raccontare il lavoro operaio, ecc. La proposta di Museo delle fortificazioni a forte Marghera voleva farne il punto di partenza per la visita degli altri forti.  La cosa non ebbe seguito e il Museo di Mestre se mai si farà sarà cosa che riguarda la Fondazione Cassa di Risparmio e il suo investimento immobiliare nell’ex Distretto Militare. Altre iniziative del Coordinamento in quegli anni saranno: un itinerario educativo del campo trincerato a forte Carpenedo in collaborazione con l’assessorato alle Politiche educative. Questo rapporto con le scuole evolverà e porterà alla realizzazione di un Centro di educazione ambientale della Provincia di Venezia in un locale del forte Carpenedo che verrà restaurato, dotato di servizi a norma e arredato come aula didattica; un sito internet www.artsystem.it/Forti­_Mestre, grazie al contributo di storiAmestre e Kaleidos che per la prima volta ha messo in rete documenti sul campo trincerato di Mestre; ha curato in collaborazione con aRTE NATIVA di Mestre e Kaleidos multimedia di Marghera un progetto multimediale di mostra sul Campo trincerato; ha messo in piedi un Laboratorio progettuale a forte Marghera che in collaborazione con Soprintendenza e uffici comunali ha effettuato rilievi architettonici delle Casermette napoleoniche di forte Marghera e presentato progetti di recupero architettonici di alcuni forti.

Un capitolo a parte merita il rapporto con il Ministero per i beni e le attività culturali di cui il Coordinamento, grazie al lavoro di ricerca storica e la presenza sul territorio, è stato in Italia un interlocutore privilegiato. Al Coordinamento è stata demandata l’organizzazione a Venezia negli anni 1999 e 2000 delle Giornate europee del patrimonio che avevano come tema “Castelli e fortificazioni”. Poi nel 2001 e 2003 con la collaborazione del Ministero e dell’UNESCO sono stati organizzati il 2° e il 3° convegno di studio “Dentro e fuori le mura – Problemi di acquisizione, conservazione e recupero” a Palazzo Ducale a Venezia e nella Reggia di Caserta. Per quest’ultimo convegno si ritrovarono esperti di recupero di sistemi fortificati da ogni parte d’Italia e d’Europa (Verona, Torino, Roma, Messina, Slovenia, Olanda, ecc.)

Ma facciamo un passo indietro per fissare alcuni punti. La pressione sulla stampa chiede l’acquisizione delle fortificazioni e risorse economiche per il restauro degli edifici storici che però non può cominciare dato che non c’è la proprietà. La macchina comunale, la burocrazia militare e ministeriale non aiutano a risolvere la situazione. Chi gestisce i forti si arrangia come può assumendosi molte responsabilità in proprio di fronte a migliaia di visitatori. I forti aperti saltuariamente al pubblico o presidiati sono: forte Marghera, forte Carpenedo, forte Gazzera, forte Bazzera e il forte Ridotto a S. Nicolò di Lido (grazie ad un protocollo d’intesa con la Marina Militare). Su forte Tron si manifesta l’interesse della Cooperativa ambientalista Limosa a cui in convenzione verrà assegnata dal comune la struttura. Succede però che i lavori di bonifica da ordigni esplosivi, preventiva alla sua dismissione, si protrassero più a lungo del previsto (anche per non meglio precisati “ritrovamenti”), di fatto impedendo ogni attività di programmazione e castrando quelle già nate. Solo nel 2009, mi pare, si sia resa libera nuovamente per un uso pienamente pubblico, nei tempi e nelle modalità voluti dalla Cooperativa Limosa.

Il forte Rossarol invece entra nell’orbita di Don Franco De Pieri che dopo averlo avuto in convenzione dal comune vi crea il Centro di solidarietà Don Lorenzo Milani. Verranno costruiti degli alloggi per tossicodipendenti e per extracomunitari e in pratica il forte dato il suo utilizzo particolare sarà escluso dalle aperture al pubblico e del tutto trascurato il recupero dell’edifico storico. A forte Cosenz spetta invece un destino diverso. Passa all’Agenzia del Demanio e non conosco in quale forma viene passato poi alla Regione Veneto che adatta l’area esterna e un edificio a sede del Dopolavoro dei dipendenti della Regione, con campi da calcetto e strutture ricreative. Anche qui l’edificio storico rimane in stato di abbandono. In pratica anche questa struttura esce  da un contesto di uso pubblico. Ogni tanto in questi ultimi anni sulla stampa locale qualcuno rivendica questo forte come sede naturale, data la collocazione, dei servizi logistici del Bosco di Mestre.  

Ma è nel 2000 che succede qualcosa di importante nell’impegno oramai ventennale della città per avere un campo trincerato a disposizione della città. Nasce Marco Polo System GEIE. L’idea è del consigliere regionale di Rifondazione Pietrangelo Pettenò. Sindaco è Massimo Cacciari. GEIE sta per Gruppo Europeo d’Interesse Economico. E’ questo un soggetto che può operare in modo autonomo e ha personalità giuridica distinta dai soci fondatori. Dopo che le istituzioni pubbliche ne  hanno sottoscritto il contratto societario di nascita e finanziato la loro parte economica rispetto al raggiungimento degli obiettivi previsti, a loro rimane solo il monitoraggio e controllo attraverso un consiglio di amministrazione (un componente per ente locale). Marco Polo System GEIE opera quindi autonomamente grazie a un amministratore unico (da allora sempre Pietrangelo Pettenò) che ha autorità giuridica per concludere contratti e ha la rappresentanza verso terzi e verso la Commissione Europea a cui può chiedere finanziamenti. I soggetti fondatori sono Comune di Venezia, Provincia di Venezia e l’Associazione delle municipalità greche KEDKE. Ci sarà un adeguamento statutario nell’ottobre del 2006, mentre con la giunta Zaccariotto la Provincia di Venezia si sfilerà nel 2010 del tutto da Marco Polo System. Quest’ultima non ha dipendenti e opera solo attraverso consulenze che può assegnare a chi meglio crede; ha sede attualmente a forte Marghera, ma negli anni scorsi aveva gli uffici nel piano nobile di un palazzo in centro storico a Venezia (e una sede anche a Bruxelles, in Square de Mees 1, come si può leggere sulla carta intestata). Obiettivo statutario dichiarato è quello di promuovere marketing territoriale a partire dalla valorizzazione delle ex fortezze veneziane in Adriatico. Cito dal loro sito internet la ragione sociale: “la promozione  di azioni di cooperazione culturale e turistica transnazionale intese a valorizzare condividere l’eredità storica e culturale e paneuropea ed a conservare e tutelare il patrimonio artistico e architettonico a partire da quello delle fortezze veneziane situate nel Mediterraneo”. E poi ancora recita che ha interesse per “il cosiddetto "Spazio Adriatico Danubiano", in virtù della presenza, molto diffusa, in tutta l'area di testimonianze storico-architettoniche legate alla storia e ai commerci della Repubblica di Venezia. Paesi come Slovenia, Croazia, Montenegro, Albania, Grecia, fino a giungere a Cipro, hanno conservato forti testimonianze di questo passato, rappresentando così un naturale contesto entro il quale avviare un progetto di rete culturale-turistica”. Ma anche che  “Marco Polo System ha sviluppato, una stretta relazione non solo con il cosiddetto "Arco Latino" comprendente Spagna , Francia e Portogallo, ma anche con altri Paesi U.E. del centro e nord Europa e altri Paesi del Mediterraneo, dove si stanno sviluppando esperienze ed attività legate al recupero del patrimonio architettonico militare”. Dal 2000 Marco Polo System ha attinto a finanziamenti dell’Unione Europea per progetti che si chiamano “Tudeslove”, “Tudeslove II”, “Cultucadses”, “Acqua e api” e altri. Francamente finora non mi è chiara quale sia stata la ricaduta sul nostro territorio  e quale sia la sua utilità per la nostra città. Pare piuttosto tutta verbosità, orientata più a far funzionare la macchina amministrativa che a riempirla di contenuti, più a ballare il sirtaki che a prendere la cazzuola in mano… Ma non interesserebbe nulla a noi di Marco Polo System GEIE per il nostro racconto, se come vedremo più avanti non diventasse l’interlocutore dell’amministrazione comunale di Venezia in riferimento ai forti del campo trincerato di Mestre, gestendo le risorse stanziate per la loro “amministrazione e valorizzazione” (come si legge testualmente nelle delibere di giunta), utilizzando forte Marghera per il proprio centro studi, garantendone la vigilanza e l’apertura al pubblico con la Cooperativa La Città del Sole. Sempre a forte Marghera comincerà a funzionare un ristorante in un capannone e si terranno durante varie estati delle manifestazioni culturali importanti, che faranno riferimento a Marco Polo System. Merita un cenno invece il Museo di Forte Marghera e il sacrario ai caduti del 1848. Questo è stato lasciato dai militari prima di lasciare l’area ad una associazione di ex dipendenti civili dell’esercito che lo gestiscono in proprio. Nonostante queste presenze va ricordato che il degrado delle strutture storiche e delle Casermette napoleoniche è continuato senza alcun rimedio fino ai giorni nostri.

E’ grazie alla legge 662 del 1996 (prima finanziaria del primo governo Prodi), che l’acquisto dei forti può iniziare un iter concreto.  Semplificando, il Ministero della Difesa può ora vendere autonomamente i propri beni dismessi e tenersi il ricavato. Prima doveva necessariamente avvenire attraverso la consegna di questi beni al Ministero delle finanze che, a sua volta, operava attraverso le proprie Intendenze. La trattativa grazie al sindaco Costa e all’assessore al Patrimonio Orsoni si concretizza nel 2003 con l’acquisto di sette dei dodici forti del campo trincerato. Sarà un iter lunghissimo fatto di trattative e perizie dei beni, pareri di uffici ministeriali, stime di società immobiliari (come la CONSAP), di carte che viaggiano da Roma a Venezia e attendono timbri, firme, visti, ecc. La questione burocraticamente si chiuderà, con il passaggio simbolico delle chiavi nel 2010. Anzi, non è ancora concluso perché mancano gli accatastamenti degli edifici di ogni singolo forte e poi ancora manca un passaggio presso la Soprintendenza che dichiari i forti “di interesse storico”, aprendo da allora per ogni lavoro da eseguirsi procedure vincolate al parere preventivo dei loro tecnici. Alcuni accatastamenti si stanno facendo in questi giorni ma l’amministrazione comunale ha comunicato alle associazioni che non ci sono soldi per tutti.

Semplificando la trattativa si risolve con questi tre accordi: forte Marghera va pagato in contanti; per i forti Rossarol, Carpenedo e Tron vi sarà una permuta con appartamenti per dipendenti dell’esercito; i forti Mezzacapo, Gazzera e Pepe in cambio di contante. Alla fine quanto sborsato dal comune sarà: 9 milioni di euro per forte Marghera, 5 milioni per i forti Mezzacapo, Gazzera e Pepe e 36 alloggi per i rimanenti forti. Il forte Bazzera (già smilitarizzato da anni) viene garantito ad un uso pubblico da un contratto di locazione fra Agenzia del demanio e amministrazione comunale ed è inserito nell’elenco dei beni del c.d. federalismo demaniale.

Nel 1999 a Spinea nasce il Comitato forte Sirtori per chiedere l’uso pubblico di questo forte che assieme al Poerio, nel comune di Mira, si trova fuori dai confini comunali di Venezia.  Avrà vita breve, si scioglie nel 2004, e organizzerà alcune assemblee pubbliche, realizzerà un sito internet dedicato, si farà promotore di una pubblicazione sul forte a cura del sottoscritto e di Gianni Facca. L’amministrazione comunale di Spinea, sindaco Tessari, snobberà qualsiasi richiesta di uso pubblico e rinuncerà al diritto di prelazione per l’acquisto. Il forte Sirtori verrà acquistato da privati che costruiranno appartamenti nell’area antistante e realizzeranno un restauro devastante e vergognoso della struttura storica. Incredibile che nessuno si sia mosso per bloccare questo scempio, Soprintendenza in primo luogo.

L’altro edificio fuori comune, il forte Poerio a Mira, viene invece acquistato dal comune. Rimarrà un semplice spazio verde aperto al pubblico fino alla fine del 2011, quando viene dato in gestione dopo una gara di appalto a una cooperativa che si impegna con 500 mila euro di investimenti a realizzare strutture ricreative e un ristorante.

Il concretizzarsi, seppur lentissimo dell’acquisto dei forti, porta alla nascita di un’altra associazione nel 2004 e cioè Dalla guerra alla pace- forte alla Gatta, che ha come obiettivo statutario il recupero del forte Mezzacapo. Ne sono promotore assieme ad alcuni amici di Zelarino e ne divento il presidente. E’ grazie  a questo  che rientro a pieno titolo nella questione dei forti del campo trincerato di Mestre. Non avendo alcuna convenzione rimaniamo per i primi anni in attesa che si concluda l’acquisto da parte del comune e facciamo vigilanza e informazione in quartiere. Pubblichiamo  nel 2004 a cura del sottoscritto e di Rodolfo Marcolin  una ricerca: Il forte Mezzacapo a Zelarino con il contributo economico del Consiglio di quartiere  di Zelarino e di Marco Polo System. I rapporti inizialmente buoni con quest’ultima andranno poi via via guastandosi. L’assessore al Patrimonio Orsoni nella premessa al libro ricorda che “l’amministrazione comunale ha individuato Marco Polo System, società di diritto comunitario, come il soggetto naturale cui affidare lo studio sul riutilizzo e la valorizzazione dell’intero sistema fortificato del campo trincerato”.     

In pratica tutto il tessuto di partecipazione fatto di volontari, gruppi, associazioni vengono esautorati nel loro ruolo di partecipazione pluridecennale e dovrebbero lasciare campo a Marco Polo System e alla sua rete di contatti e consulenze. Come vedremo più avanti sarà questa scelta a portare alle polemiche sulla stampa nel 2007 e 2008.   

Con la proprietà al Comune di Venezia iniziano finalmente i lavori di restauro dei tetti delle strutture storiche dentro le quali pioveva dentro. Alla Gazzera si rifaranno il tetto e i bagni; a Carpenedo il tetto e l’impianto elettrico di tutti gli edifici, mentre aveva già una buona situazione per i servizi igienici e un bar funzionante il sabato e la domenica; al Mezzacapo nel 2010 si rifarà il tetto dell’edificio storico e una copertura provvisoria di due capannoni; al forte Tron stanno concludendosi in questi giorni i servizi necessari alla Limosa per ospitare le visite guidate. Nel 2007 si restaura forte Bazzera e gli edifici annessi compresi i servizi grazie a un finanziamento particolare legato alla emissione di BOC (titoli di debito comunali).  Si badi, poca cosa nel complesso, rispetto a quanto sarebbe necessario per recuperare gli edifici storici, mettere a norma i servizi, dotarsi di parcheggio e fermare il degrado. Ma finalmente qualcosa di concreto si è fatto, mentre le singole associazioni tamponano con il proprio contributo e lavoro le questioni più urgenti.

L’associazione Dalla guerra alla pace – forte alla Gatta nel 2008, stanca di aspettare l’iter di acquisto del forte Mezzacapo e vedendo che con questa scusa l’amministrazione comunale non assegnava in convenzione il forte,  entra senza autorizzazione e comincia la pulizia dell’area e egli edifici. E’ nel 2010 che l’assessore Filippini sblocca la situazione in un paio di ore rilasciando una semplice concessione d’uso che però consentiva di operare in ambito di legalità. E’ questa una  dimostrazione di quanta poca fosse stata in precedenza l’attenzione della politica e della burocrazia.  Nel giro di un anno il forte Mezzacapo sarà un ulteriore forte aperto al pubblico per visite e iniziative culturali. 

E’ sulla programmazione degli interventi e sulla gestione delle risorse economiche che Marco Polo System riesce ad ottenere in ambito europeo utilizzando l’immagine dei forti (1.187.500 euro vale il solo progetto “Tudeslove II”) che sorgono problemi tra le associazioni e Marco Polo System, ma critiche si avanzano anche sulla politica  dell’amministrazione comunale accusata di non avere alcuna idea complessiva sull’argomento (e totalmente autoreferenziale nel gestire i 300.000 euro stanziati a bilancio ogni anno per la manutenzione straordinaria dei forti). La questione è in pratica chi decide per chi e per fare cosa, e il ruolo che svolge Marco Polo System. Le associazioni che curano i forti Gazzera, Mezzacapo, Bazzera e Tron dopo ripetute denuncie sulla stampa, soprattutto nel 2007, ottengono dal sindaco Cacciari che l’assessore all’ambiente Belcaro se ne occupi con l’Ufficio Forti. Sarà l’unico che per un paio di volte farà sedere tutti i soggetti interessati attorno a un tavolo per concordare il da farsi. A fine mandato organizzerà un incontro evidenziando finalmente forte per forte le spese sostenute a fronte del finanziamento ricevuto. Un’operazione di chiarezza di bilancio che non sarà più ripetuta. E’ grazie  a questi incontri che si arriverà nel 2009 alla ristampa della seconda edizione del libro I forti di Mestre. Storia di un campo trincerato, su richiesta delle associazioni che ne sentivano la mancanza come strumento per le visite e per introitare qualcosa.

Altra scelta amministrativa dopo la campagna di stampa contro Marco Polo System è che il riferimento per i lavori futuri da farsi nei forti sono gli uffici comunali competenti e che Marco Polo System si occupa esclusivamente di forte Marghera. E’ da dire che con Orsoni sindaco nel 2010, l’Ufficio forti, viene sciolto e che nessun assessore si farà carico di un rapporto complessivo per la questione forti. Nel 2011 l’Ufficio forti, in realtà fantasma perché non inserito nella pianta organica, fa riferimento al settore Ambiente e ha come referente un funzionario e non un politico.   Dopo la parentesi Belcaro in pratica l’Ufficio Forti gestisce due obiettori di coscienza che ogni anno lavorano per un progetto sul tema forti che può essere una mostra, una corsa in bicicletta, ecc. E’ da dirsi che l’ufficio Forti ha nel 2008 e 2009 curato un cd rom sul campo trincerato e messo in rete a disposizione degli studiosi centinaia di foto e documenti schedati da Gianni Facca.

Guardandosi all’indietro la situazione attuale può dirsi una mezza vittoria per la  città di Mestre. I forti Carpenedo, Gazzera, Mezzacapo, Tron e Bazzera sono visitati da migliaia di cittadini che trovano in questi luoghi un ambiente naturale bellissimo. Le associazioni gestiscono annualmente una programmazione culturale che a costi infimi per l’amministrazione comunale offre alla nostra città laboratori culturali, spettacoli, concerti, mostre d’arte alternativi a quelli istituzionali. Certo l’idea di un campo trincerato di dodici forti votati all’uso sociale è perduta. A Spinea col forte Sirtori è avvenuto il disastro e vedremo a Mira col forte Poerio dato in gestione a una cooperativa cosa succederà. Il forte Pepe, a fronte della ricchezza di reperti archeologici esistenti nel suo sottosuolo (tra cui una villa romana del II secolo), è in abbandono totale, sovrastato dai rovi e da un’incombente seconda pista dell’aeroporto. Il forte Rossarol, poi, ha un utilizzo nel campo sociale che lo esclude   da un uso pubblico, mentre il forte Cosenz è stato degradato a centro ricreativo dopolavoristico nonostante il suo inserimento in un sistema ambientale unico (bosco di Mestre e fiume Dese).

Ma il vero problema è che ancora oggi manca da parte dell’amministrazione comunale la capacità di valorizzare il sistema delle fortificazioni come si fa in tutta Europa. Si affrontano singoli problemi presentati da singole associazioni. I forti sono strutture complesse con valenze ambientali, storiche, architettoniche, culturali, sociali e necessita avere una struttura nella pianta organica che le sappia affrontare nelle loro complessità, stabilendo gerarchie di intervento, obiettivi comuni, progetti di valorizzazione veri per un turismo storico ambientale che funziona in tutto il mondo tranne che da noi che abbiamo il campo trincerato meglio conservato in Italia e tra i più belli d’Europa. Insomma basta convegni sul turismo militare e il marketing territoriale: ne facciamo ogni anno uno e non c’è mai un turista. Manca poi un referente politico che comprenda questo e che per ora non si intravede. Non ultimo le associazioni da qualche anno preferiscono rimanere all’interno dei loro forti e hanno rinunciato all’idea forte della valorizzazione complessiva del campo trincerato, prese dalla necessità di avere una convenzione per la gestione dei forti che è scaduta e deve essere rinnovata, che deve durare più di due anni per consentire investimenti certi.

Anche forte Marghera ha offerto in questi ultimi anni una programmazione culturale di buon livello e  una ristorazione apprezzata dai giovani. Ora di quest’area si sta decidendo cosa farne nel futuro e i soggetti economici privati che si sono proposti sono potenti. Il complesso di forte Marghera è vasto e comprende edifici storici, il mandracchio, diversi capannoni, abitazioni e soprattutto molto spazio collocato tra Mestre e il centro storico di Venezia. Urbanisticamente è uno spazio  prezioso per la città. Lasciarlo in mano ai privati, come sembra purtroppo voglia fare questa amministrazione, per avere in cambio di qualche spazio pubblico, il solito  albergo, ristorante,  porticciolo turistico e spazi commerciali, sarebbe la sconfitta peggiore dopo trentacinque anni che la città si impegna per avere questi spazi ad un uso pubblico. A fronte del progetto di finanza presentato dalla Società Impregilo S.p.a. c’è stata la promozione della Marco Polo System di un laboratorio chiamato Idee per forte Marghera che ha coinvolto molte associazioni che negli anni avevano maturato interesse per il luogo.  In breve queste hanno maturato la scelta di staccarsi da Marco Polo System per mettere in piedi quello che definiscono “un processo realmente partecipato”, democratico e libero, per costruire un progetto di utilizzo di forte Marghera a servizio della città di Mestre e non della speculazione privata. Questa esperienza di partecipazione che è in itinere ed è molto interessante per le modalità di discussione che si è data si chiama Gruppo di lavoro per il forte Marghera… stella d’acqua. La stella è la figura che richiama il forte Marghera visto dal cielo. Molta strada c’è ancora da percorrere a Mestre.

 

Campocroce, 1 febbraio 2012

Zanlorenzi Claudio.

 

Nb. Per ricostruire gli anni Novanta e i primi del Duemila mi sono state utili alcune

note fornitemi da Andrea Grigoletto che ringrazio.